La Corte penale internazionale precisa: nessuna indagine sull'Italia per il caso Almasri
Tajani: "Si dovrebbe al contrario indagare la Cpi". E anche Trump annuncia sanzioni contro il Tribunale internazionale in seguito agli ordini d'arresto per crimini di guerra contro Israele
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Non esiste ad oggi nessun procedimento aperto contro l'Italia dalla Corte penale internazionale per il caso Almasri. Lo precisa la stessa istituzione con sede all'Aja, in Olanda.
A rilanciare è il vicepremier e Ministro degli Esteri, Antonio Tajani (in copertina mentre bla bla), che ribalta il paradigma suggerendo:
"Semmai bisognerebbe aprire un'inchiesta sulla Corte penale, bisogna avere chiarimenti su come si è comportata".
Intanto, a mettere nel mirino la Corte penale internazionale anche il presidente Usa Donald Trump: il tycoon, nelle scorse ore, ha firmato un ordine esecutivo che impone sanzioni alla Cpi, per le indagini su Israele. Né gli Stati Uniti né Israele sono membri o riconoscono la Corte.
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(In copertina il vicepremier e Ministro degli Esteri Antonio Tajani in Israele, fonte X)
La Corte penale internazionale precisa: nessuna indagine sull'Italia
La Corte Penale Internazionale (CPI) non ha aperto alcun procedimento nei confronti dell'Italia. A confermarlo sono anche fonti del governo italiano, in merito alla denuncia presentata da un rifugiato sudanese.
Secondo queste fonti, il procuratore della CPI non ha inoltrato ufficialmente la segnalazione né al registrar né ai giudici.
Più tardi anche la Corte Penale Internazionale, tramite il portavoce, ha confermato che al momento presso la Corte "non vi è aperto alcun caso contro esponenti italiani".
L’accusa, proveniente da un cittadino sudanese del Darfur con status di rifugiato in Francia, è stata inviata tramite email all’ufficio del procuratore. Questo canale riceve un elevato numero di comunicazioni, che vengono esaminate attentamente prima di poter dare origine a un’eventuale indagine. L’iter è lungo e richiede mesi, e generalmente queste procedure restano riservate, salvo che non sia lo stesso denunciante a renderle pubbliche, come sembra essere accaduto in questo caso.
Le accuse e il coinvolgimento dell'Italia
Secondo quanto riportato dal quotidiano "Avvenire", la denuncia è un documento di 23 pagine in cui il rifugiato afferma di essere stato vittima, insieme a sua moglie e a numerosi membri del suo gruppo, di crimini continui e sistematici. Già nel 2019, aveva trasmesso all’Ufficio del Procuratore una comunicazione accompagnata da un ampio dossier di prove, in cui sosteneva la responsabilità di alti funzionari dell'Unione Europea e dell'Italia, tra cui ex primi ministri e ministri, per aver favorito violazioni dei diritti umani in Libia.
La sua testimonianza sarebbe tra quelle allegate all’atto d’accusa che ha portato al mandato di cattura per il generale libico Almasri, accusato di crimini di guerra e crimini contro i diritti umani. Tuttavia, emergono alcune incongruenze nel documento, come l’erronea indicazione di una permanenza del generale in Italia per 12 giorni, quando in realtà era stato nel Paese dal 18 al 22 gennaio, prima di essere rilasciato dalla Corte d’Appello di Roma e rimpatriato a Tripoli con un volo dei servizi segreti italiani. Gli avvocati del rifugiato starebbero preparando un’integrazione alla denuncia dopo aver ricevuto la conferma di acquisizione da parte della procura.
L'Arresto e il rilascio di Almasri
Il generale libico Almasri è stato arrestato a Torino il 18 gennaio, ma è stato rilasciato dopo 96 ore, poiché l’arresto non è stato convalidato. Accompagnato dalle sue guardie del corpo armate, è stato imbarcato su un volo di Stato e riportato a Tripoli, dove è stato accolto con manifestazioni di giubilo e insulti rivolti all’Italia.
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Secondo i giudici della CPI, Almasri si sarebbe reso responsabile di gravi crimini, tra cui torture, violenze sessuali e omicidi. Nel carcere di Mitiga, da lui diretto, si stima che dal febbraio 2015 siano stati uccisi almeno 34 detenuti e che 22 persone, tra cui un bambino di cinque anni, abbiano subito violenze sessuali da parte delle guardie.
Corte Penale Internazionale nel mirino
Alla luce di quelle che lui denuncia come "incongruenze nella gestione del caso", il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, potrebbe chiedere alla Corte Penale Internazionale chiarimenti ufficiali sulle procedure adottate per il mandato d’arresto di Almasri.
Dal porto di Ashdod in Israele per la consegna di 15 tir carichi di beni umanitari destinati alla Striscia di Gaza. La solidarietà italiana per aiutare la popolazione civile palestinese, in particolare per i bambini che cureremo nei nostri ospedali in Italia. pic.twitter.com/DlOhk48Vm6
— Antonio Tajani (@Antonio_Tajani) February 6, 2025
Anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha espresso forti perplessità sull’operato della CPI, dichiarando da Israele, durante la consegna di quindici camion di aiuti al Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite:
"Ho molte riserve sul comportamento della Corte in questa vicenda, forse bisognerebbe aprire un'inchiesta sulla Corte stessa." Tajani ha poi confermato che il documento inviato all’Italia era giuridicamente nullo e ha ribadito il suo pieno appoggio al ministro Nordio.
L'ordine esecutivo di Trump
La Corte Penale Internazionale è finita nel mirino non solo dell'Italia, ma anche degli Stati Uniti. Washington ha più volte accusato l’istituzione di agire senza legittimità e di prendere di mira ingiustamente gli Stati Uniti e Israele.
L’ex presidente Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo in cui si denuncia la CPI per l’emissione di "mandati d’arresto privi di fondamento" contro il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, a seguito delle operazioni militari israeliane a Gaza dopo l’attacco di Hamas dell’ottobre 2023.
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Secondo l’ordine esecutivo, la Corte avrebbe creato un "pericoloso precedente" e gli Stati Uniti sarebbero pronti ad adottare "conseguenze tangibili e significative" contro i responsabili delle sue decisioni, tra cui il blocco di beni e il divieto d’ingresso nel Paese per funzionari della CPI e i loro familiari.
Le organizzazioni per i diritti umani hanno criticato duramente questa posizione, avvertendo che minaccia l’efficacia della Corte e ostacola la giustizia per le vittime di abusi in tutto il mondo.