Una bella storia

Perse la vista durante la guerra in Siria, Rasha torna a vedere dopo 12 anni grazie alla prima cornea artificiale ibrida

L'innovativo trapianto è stato effettuato a Forlì dal professor Massimo Busin e dopo due giorni, la 42enne rifugiata in Italia, leggeva già il giornale

Perse la vista durante la guerra in Siria, Rasha torna a vedere dopo 12 anni grazie alla prima cornea artificiale ibrida
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Un evento straordinario ha segnato per sempre la vita di Rasha, una rifugiata palestinese residente a Roma che aveva perso la vista dodici anni fa durante la guerra in Siria. Grazie a un innovativo trapianto di cornea artificiale, ha riacquistato la vista e, solo due giorni dopo l’intervento, ha potuto leggere un giornale. Il suo recupero visivo rappresenta un successo straordinario per la medicina e la ricerca italiane, che l’hanno restituita alla luce dopo più di un decennio di buio.

La rifugiata Rasha torna a vedere dopo 12 anni

Rasha, 43 anni, vive a Roma con la sua famiglia dal 2016, quando è arrivata in Italia attraverso i corridoi umanitari. Il suo calvario è iniziato nel 2012, quando un'esplosione durante il conflitto in Siria l'ha resa cieca da entrambi gli occhi. Dopo un primo tentativo fallito di trapianto a Damasco, le sue condizioni peggiorarono riducendo drasticamente la speranza di poter tornare a vedere.

Tuttavia, grazie al consiglio della dottoressa Luciana Poliandri e dell’associazione ULAIA ArteSud ODV, Rasha è stata indirizzata alla Fondazione Banca degli Occhi del Veneto, dove ha trovato una nuova speranza. Il professor Massimo Busin dell’Università di Ferrara, in collaborazione con la Fondazione, ha proposto una soluzione innovativa: l'innesto della cornea artificiale ibrida chiamata Intra-ker, appositamente sviluppata per pazienti ad alto rischio di rigetto come Rasha.

Il professor Massimo Busin

L'intervento a Forlì, due giorni dopo leggeva il giornale

Mercoledì 29 maggio 2024, Rasha è stata operata a Forlì. Solo due giorni dopo, ha tolto le bende e, con stupore, si è accorta che vedeva. L'emozione è stata fortissima soprattutto perché sembrava che gli occhi della 42enne non avessero alternativa e che fosse destinata a essere non vedente per tutta la vita.

"Quando due giorni dopo l’intervento le hanno tolto la benda e la collega mi ha informato che Rasha vedeva, mi sono precipitata in ospedale comprando un giornale che lei poi, tenendolo fra le mani, è riuscita a leggere - ha raccontato Olga Ambrosanio, presidente dell’associazione ULAIA - Era il 1 giugno 2024, a Forlì, all’Ospedale Villa Igea”.

La cornea artificiale Intra-Ker

Il dispositivo che ha reso possibile questo miracolo è la cornea artificiale Intra-ker, un’innovazione tutta italiana, frutto del lavoro del professor Busin e del suo team. Realizzata in polimetilmetacrilato, la cornea è composta da una parte centrale ottica e da estremità periferiche che stabilizzano la protesi all'interno dell'occhio.

Per ridurre al minimo il rischio di rigetto, la cornea artificiale è avvolta da sottili strati di tessuto corneale provenienti da donatori, noti come strato "pre-descemetico", una tecnica che ha dimostrato di mantenere alta la trasparenza e la funzionalità nel tempo. Ogni anno, in tutto il mondo, si eseguono circa 185mila trapianti di cornea e oltre 12 milioni di persone attendono il loro turno. Migliaia di quei pochi interventi che si riescono a fare falliscono ogni anno a causa del rigetto.

Intra-ker è stata progettata proprio per quei pazienti per cui le tecniche tradizionali non funzionano, e i primi risultati sono estremamente promettenti. Nei tre interventi eseguiti tra febbraio e maggio 2024, tra cui quello su Rasha, il dispositivo ha mostrato ottimi risultati a distanza di quattro mesi.

 

Il progetto finanziato dal PNRR

La Fondazione Banca degli Occhi del Veneto ha svolto un ruolo fondamentale nel processo, fornendo i tessuti necessari per l’innesto. Per la prima volta, è stato trapiantato lo strato più profondo della cornea senza endotelio, un approccio innovativo che ha aperto nuove strade nella chirurgia corneale.

L’intervento di Rasha, guidato dal professor Busin, è parte di un progetto di ricerca finanziato dal PNRR, con il coinvolgimento di altre università italiane, come quelle di Catania e Catanzaro.

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