Gogna mediatica

Il Garante dei detenuti: "Non c'era interesse pubblico tra i colloqui di Turetta e i genitori"

Socialmente, legalmente, eticamente, giornalisticamente: tutte le posizioni e le ragioni

Il Garante dei detenuti: "Non c'era interesse pubblico tra i colloqui di Turetta e i genitori"
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Se la piazza è indignata, i legislatori ci vanno cauti. Dopo la diffusione, da parte del settimanale Giallo, delle intercettazioni relative al primo colloquio in carcere di Filippo Turetta con i genitori, si è scatenata una bufera.

Giulia Cecchettin e Filippo Turetta

Il 3 dicembre 2023 il giovane reo confesso per l'omicidio dell'ex fidanzata Giulia Cecchettin, riceve per la prima volta i genitori nel carcere di Montorio Veronese dopo il suo arresto del 18 novembre in Germania.

Il padre, Nicola Turetta, fa un discorso al figlio che, sostanzialmente va a derubricare la gravissima portata dei suoi atti:

"Non sei stato te, non ti devi dare colpe perché tu non potevi controllarti. Hai fatto qualcosa, però non sei un mafioso, non sei uno che ammazza le persone, hai avuto un momento di debolezza… Ci sono altri 200 femminicidi! Poi avrai i permessi per uscire per andare al lavoro, la libertà condizionale. Ti devi laureare".

La recente diffusione di questa conversazione ha un effetto deflagrante sulla famiglia Turetta, con pubblica gogna verso il genitore. A stretto giro Nicola Turetta chiede pubblicamente scusa, spiegando che fossero soltanto "fesserie" per evitare che il figlio si togliesse la vita.

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E se la condanna dell'opinione pubblica è stata netta, chi conosce la legge ci va con i piedi di piombo. Ma soprattutto ci si chiede se tali contenuti potessero essere intercettati e diffusi. 

Socialmente, legalmente, eticamente, giornalisticamente quali sono le posizioni e le ragioni?

Il Garante dei detenuti: "Sbagliato"

"Non c'era interesse pubblico tra i colloqui di Turetta e i genitori in carcere. Le relazioni familiari devono essere accompagnare dalla riservatezza. C'è stata un lacerazione del diritto di un padre di poter conversare liberamente con il figlio. Ovviamente dobbiamo tenere presente il contesto, ma non vi era nessuna utilità processuale".

Non ha dubbi Marco Foffano, Garante dei detenuti del Veneto.

Intercettazione del colloquio di Turetta con i genitori: si poteva fare?

Iniziamo dalle ragioni per cui Turetta e i genitori sono stati intercettati a colloquio in carcere.

Chiariamo che al fine di garantire una piena ed efficace tutela all’esercizio libero e sereno dell’attività difensiva, l’ordinamento non consente l’intercettazione dei dialoghi tra l’indagato e il suo difensore.  In questo caso, però, Turetta parlava con la famiglia e non con il proprio avvocato. Il 22enne di Torreglia ammette – o così pare dalle sue parole, intercettate dagli inquirenti – di aver nascosto delle cose al legale e, di conseguenza, al pm Andrea Petroni, che un paio di giorni prima l’aveva interrogato per nove ore.

Sono questi i motivi per cui quel verbale è stato messo agli atti del processo. Non certo per "voyerismo giudiziario", anche se a colpire sono le frasi del padre Nicola, per il pm Petroni e per gli inquirenti è infatti rilevante che poche settimane dopo il delitto, il reo confesso ammettesse di aver omesso degli elementi nel corso dell’interrogatorio. 

Funerali Giulia Cecchettin

Ecco dunque le ragioni degli inquirenti circa questa intercettazione che ha svelato omissioni di Turetta.

Giornalisticamente parlando era legittimo?

Veniamo al secondo punto: giornalisticamente parlando era legittimo o comunque etico diffondere quei contenuti? Si è infatti finito per concentrarsi sulle parole del padre Nicola, con relativa gogna mediatica, mentre il focus erano le possibili omissioni del figlio Filippo.

Nicola Turetta, padre di Filippo

"Il dovere del giornalista è distinguere cosa è essenziale per la comprensione dei fatti da ciò che è pura e semplice incursione nel dramma di genitori di fronte a un figlio che ha commesso un crimine terribile. Un dramma umano, quello del padre e della madre, che va rispettato. Non è in gioco la terzietà del giudice, così come da quel colloquio non emerge alcun elemento rilevante per le indagini e, quindi, di interesse pubblico. Serve rispetto per il dolore dei genitori di Turetta e rispetto per il rinnovato e atroce dolore dei familiari della vittima".

Lo dichiara Carlo Bartoli, presidente nazionale dell'Ordine dei giornalisti, prendendo chiaramente le distanze.

Nella questione entra a gamba tesa anche Enrico Mentana, noto giornalista e direttore del TG la7:

"In tanti discutono sulle parole rivolte dal padre dell'assassino di Giulia Cecchettin al figlio durante un colloquio in carcere. Non mi unisco né al coro di indignazione né a quello di comprensione. Vorrei però capire come le frasi di un genitore in visita al figlio detenuto in attesa di giudizio nel parlatorio di un carcere vengano registrate e poi fatte uscire, pur essendo prive di qualsiasi contenuto utile alle indagini e per di più pronunciate da un cittadino non indagato. Oppure vogliamo aggiungere codici la norma per cui il padre dell'autore di un delitto efferato perde da subito a sua volta ogni diritto, come punizione per avere allevato un mostro?".

Forti perplessità legali

L’Aiga (Associazione italiana giovani avvocati) esprime forti perplessità sulla vicenda e "nel pieno rispetto della vittima e del dolore dei suoi cari, condanna tuttavia fortemente quanto accaduto: si tratta, infatti, di dichiarazioni prive di rilevanza processuale e la loro pubblicazione sembra avere come unico obiettivo quello di alimentare ancor di più la “morbosità” di chi è ad essa avvezzo, rischiando di esporre ad un concreto rischio la sicurezza dei genitori di Turetta, in ragione di un fomentato odio che ha fatto seguito a detta pubblicazione".

La pubblicazione del colloquio ha scatenato anche la protesta soprattutto degli organi rappresentativi della categoria degli avvocati. Anche l’Ordine di Venezia ha "stigmatizzato" la pubblicazione.

"Quanto accaduto è scandaloso. Ignoriamo il motivo per cui quelle intercettazioni dei colloqui in carcere di Turetta con i genitori siano state disposte ma certamente i dialoghi pubblicati non hanno alcun contenuto probatorio". Così il presidente dell'Unione delle Camere penali italiane, Francesco Petrelli.

Ma anche la politica entra nel merito della legittimità:

"Non condivido quelle parole, ma è profondamente scorretto diffondere quella conversazione ed esporla al pubblico ludibrio" ha detto il vicepremier Antonio Tajani.

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Antonio Tajani (FI)

Elena Cecchettin, sorella della vittima, aveva invece parlato di "normalizzazione sistematica della violenza".

Elena Cecchettin

Le scuse di Nicola Turetta

"Chiedo scusa per quello che ho detto a mio figlio. Gli ho detto solo tante fesserie. Non ho mai pensato che i femminicidi fossero una cosa normale. Erano frasi senza senso. Temevo che Filippo si suicidasse. C'erano stati tre suicidi a Montorio in quei giorni. Ci avevano appena riferito che anche nostro figlio era a rischio. Quegli instanti per noi erano devastanti. Non sapevamo come gestirli. Vi prego, non prendete in considerazione quelle stupide frasi. Vi supplico, siate comprensivi", queste le parole di Nicola Turetta dopo la bufera.

E ancora:

"Temevo che Filippo si suicidasse. Quegli instanti per noi erano devastanti. Non sapevamo come gestirli. Gli ho detto 'ti devi laureare', non perché mi interessasse, o perché sperassi in un futuro fuori dal carcere per lui, ma solamente per tenerlo impegnato e non fargli pensare al suicidio. È logico che non se ne farà niente di quella laurea, dovrà giustamente scontare la sua pena per quello che ha fatto".

Lo psichiatra Crepet: "Pietas, ma ci sono delle responsabilità genitoriali"

Per chiudere in quadro, circa l'opportunità di diffondere quelle parole, un altro punto di vista arriva dallo psichiatra Paolo Crepet.

Senza negare la “pietas” nei confronti dei genitori Turetta, quanto detto dal padre Nicola, secondo il dottore, è lo specchio di una mentalità giustificazionista nei confronti del figlio.

"Partirei dalla pietas, la prima parola che ritengo si debba pronunciare nei confronti di chi si trova nella difficile condizione di questi genitori. Quelle parole del padre al figlio si possono anche comprendere nell’immediatezza dell’arresto, dettate dalla paura del gesto autolesionista. Tuttavia ci sono dei punti su cui bisogna ragionare… La mentalità giustificazionista è «diffusissima fra i genitori di quest’epoca nei confronti dei figli. Non illudiamoci che l’atteggiamento del padre di Turetta sia un caso isolato. I genitori tendono ad annacquare qualsiasi errore dei loro ragazzi, lo sfumano, lo triturano, fino a trasformarlo in una poltiglia digeribile. In questo caso, viste le precisazioni e la supplica del padre che ora chiede comprensione, immagino che oggi non parlerebbe più così a Filippo".

E ancora:

"Lui è un padre e deve innanzitutto domandarsi come sia potuto crescere un assassino nella sua casa. Dovrebbe dirgli: “se tu sei qui è anche colpa mia”, questa sarebbe una frase di enorme dignità e civiltà. “Abbiamo sbagliato qualcosa anche noi, non solo tu”. “Che cos’è che non mi hai detto in questi anni?”. E invece gli ha detto “hai avuto un momento di debolezza”. Due anni di martellanti messaggini e il martirio della povera Giulia possono forse essere un momento di debolezza?".

Crepet pone infine l'accento sul ruolo del nucleo familiare:

"Ma poi cosa vuol dire voyeurismo? Questi elementi fanno parte dell’analisi familiare, emotiva e relazionale da cui nasce il delitto, come nacquero vent’anni fa Cogne e Novi Ligure e prima ancora Pietro Maso. Questi aspetti vengono a galla dai dettagli, dai colloqui, dalle reazioni. Servono a capire, a contestualizzare".

"Non c'era interesse pubblico tra i colloqui di Turetta e i genitori in carcere. Le relazioni familiari devono essere accompagnare dalla riservatezza. C'è stata un lacerazione del diritto di un padre di poter conversare liberamente con il figlio. Ovviamente dobbiamo tenere presente il contesto, ma non vi era nessuna utilità processuale"

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