risarcimento negato

Terremoto L'Aquila, studenti morti per "colpa loro". I familiari: "Sentenza disumana"

Ritenuti colpevoli di aver assunto una "condotta incauta" dalla Corte d’Appello: i familiari dovranno pagare anche le spese legali

Terremoto L'Aquila, studenti morti per "colpa loro". I familiari: "Sentenza disumana"
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Sette giovani morti durante il sisma del 6 aprile 2009 che ha distrutto L'Aquila sono stati ritenuti colpevoli di aver assunto una "condotta incauta". In sostanza, non sarebbero dovuti rimanere nell'edificio dove abitavano dopo le prime avvisaglie di un fenomeno sismico che poi, si è effettivamente, trasformato in tragedia.

Di parere opposto i parenti delle vittime, secondo i quali dichiarazioni istituzionali avevano rassicurato la popolazione: sarebbe stato questo clima di "fiducia" a spingere i ragazzi (e non solo loro) a rimanere nell'edificio del centro storico poi crollato su se stesso all'arrivo della scossa fatale imprevista.

Il nodo però è che non sarebbe possibile stabilire con certezza un nesso causale fra le dichiarazioni istituzionali rassicuranti e la decisione dei ragazzi di non lasciare i loro alloggi.

I giudici della Corte d’Appello dell’Aquila hanno seguito, sostanzialmente, la sentenza di primo grado nel procedimento in sede civile del 2022, in cui anche la presidenza del Consiglio era stata scagionata da ogni responsabilità per la morte dei sette studenti.

Il risultato è che i famigliari delle vittime non solo non avranno quindi alcun risarcimento, ma dovranno anche pagare le spese legali di circa 14 mila euro.

Una sentenza che sta facendo discutere e suscita indignazione.

Terremoto L'Aquila

Morti nel sisma all'Aquila "per colpa loro"

Assolta da ogni colpa la Commissione Grandi Rischi, che si era riunita all’Aquila il 31 marzo 2009, cinque giorni prima del terremoto, e che aveva lanciato messaggi rassicuranti. Ed è proprio intorno a questo nodo che, invece, insistono i familiari delle vittime.

Il Tribunale dell’Aquila aveva prima condannato a sei anni i sette scienziati che parteciparono alla riunione. In secondo grado questi sono stati assolti, a eccezione di Bernardo De Bernardinis, vice capo della Protezione civile, che è stato condannato a due anni con pena confermata dalla Cassazione. Secondo i magistrati, infatti, furono le parole di De Bernardinis pronunciate ai microfoni di una tv e rilanciate dai media nei giorni seguenti a fornire false rassicurazioni. Dichiarazioni che sono state “negligenti” ed “imprudenti“, dicono i giudici.

Bernardo de Bernardinis

L'uomo, riporta la Corte d’appello, disse che lo sciame sismico in corso in quei giorni in Abruzzo “si colloca diciamo in una fenomenologia senz’altro normale dal punto di vista dei fenomeni sismici che ci si aspetta in questa tipologia di territori, che poi è centrata intorno all’Abruzzo…”. Più avanti aggiunse che “non c’è un pericolo, io l’ho detto al sindaco di Sulmona la comunità scientifica mi continua a confermare che anzi è una situazione favorevole perciò uno scarico di energia continuo e quindi sostanzialmente ci sono anche degli eventi piuttosto intensi non intensissimi… Abbiamo avuto pochi danni”.

"Condotta incauta"

Tornando alla sentenza, le cause della morte dei sette studenti, secondo i giudici, sono da ricercare nelle decisioni prese dai ragazzi durante il sisma. Nonostante, dunque, la condanna definitiva di De Bernardis, i giudici della Corte d’Appello di L’Aquila hanno stabilito che non ci sono prove certe di queste rassicurazioni in relazione alla condotta dei sette ragazzi rimasti uccisi durante il terremoto, perché avevano deciso di rimanere nelle loro case. Quindi mancherebbe il cosiddetto "nesso causale" per attribuire responsabilità di natura civile.

Nicola Bianchi, una delle sette vittime del crollo in via D'Annunzio

Secondo i giudici, quindi, i ragazzi non sarebbero stati condizionati e quindi rassicurati dalle risultanze dei comportamenti dei componenti della Commissione Grandi Rischi presenti all’Aquila cinque giorni prima del sisma, il 31 marzo 2009, e nemmeno dalle dichiarazioni in tv di De Bernardinis e, alla stampa, dall’allora sindaco, Massimo Cialente.

Per i giudici, infine, "in linea generale, il compendio probatorio acquisito (convocazione della riunione, verbali della stessa, deposizioni testimoniali), al di là del convincimento del capo del Dipartimento di Protezione civile emerso nel corso della conversazione casualmente intercettata tra lo stesso (Bertolaso) e l’assessore regionale (Stati) ha smentito o, comunque, non ha dato conferma della tesi che gli esperti partecipanti alla riunione del 31 marzo – ad esclusione del De Bernardinis, vice di Bertolaso, il quale, peraltro, alla stessa non diede alcun contributo scientifico – avessero, a priori, l’obiettivo di tranquillizzare la popolazione e, quindi, di contraddire o minimizzare quanto desumibile dai dati oggetto della loro valutazione scientifica. Tesi che le parti appellanti ripropongono in termini meramente assertivi senza misurarsi con le risultanze istruttorie".

I familiari

"Come si può demandare la sicurezza ad un ragazzo di 22 anni? Una sentenza disumana, come si può dare la colpa ha sette ragazzi che sono morti nelle macerie" ha esclamato il padre di Nicola Bianchi, una delle vittime, con comprensibile rabbia dopo il verdetto.

Il padre di Nicola Bianchi

Gli altri giovani le cui famiglie hanno proposto ricorso sono Ivana Lannutti, Enza Terzini, Michele Strazzella, Daniela Bortoletti, Sara Persichitti e Nicola Colonna.

Il dramma

I ragazzi vivevano in un palazzo di via Giovanni D'Annunzio, centro storico de L'Aquila, che la scossa ha spazzato via in pochi secondi. In quel crollo ci furono un totale di 13 vittime. In sede penale, l'ingegnere unico imputato dei lavori di restauro del 2002 era stato assolto in via definitiva dalla Corte d'Appello di Perugia.

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