Donna, medico, deputata, bergamasca. Bologna: "Tracciare le persone che potranno tornare a lavorare per prime"
La parlamentare: "Errata l'idea che sta circolando che, con un semplice test che misura gli anticorpi possiamo dire ad una persona di tornare a lavorare".
Dopo una prima fase molto complessa per tutti i cittadini in termini di riduzione della libertà quotidiana per tutelare la salute di tutti e che ci ha colti impreparati nonostante un piano pandemico, tanti protocolli - probabilmente non sempre rispettati - e anche con uno sguardo a tutte le persone che non ce l’hanno fatta, l’onorevole Fabiola Bologna (M5S), medico bergamasco, Capogruppo Commissione Sanità e Affari Sociali della Camera dei Deputati, interviene sull’emergenza Coronavirus.
Scenari variabili da regione a regione, nelle prossime settimane
“Ho notato che la comunicazione e i dati si stanno modificando in base a riscontri epidemiologici che comunque lasciano molti dubbi in termini di acquisizione e possibilità di completezza - esordisce la parlamentare del M5S - Credo che soprattutto nelle Istituzioni Nazionali e Locali che tutelano la Sanità pubblica bisogna affrontare le decisioni future con grande attenzione per dare un indirizzo preciso riguardo le prossime settimane. Partiamo dal presupposto che, nelle prossime settimane, gli scenari dell’emergenza coronavirus potrebbero seguire andamenti variabili nelle Regioni del Paese proprio perché l’epidemia è partita o sta partendo in momenti e in modi diversi sui vari territori”.
Cosa state facendo?
“In questo momento ci stiamo impegnando per cercare di estendere le indagini con i tamponi a tutto il personale sanitario e a cittadini selezionati, dotando le aziende sanitarie di strumenti di analisi per i tamponi, ci sono analizzatori veloci che, forniti ad ogni azienda sanitaria, potrebbero dare la possibilità di aumentare le indagini per quello che serve”.
Estendere le indagini diagnostiche è necessario?
“Serve per aiutarci a comprendere meglio la situazione ed essere in grado di circoscrivere sempre di più il contagio. La preoccupazione di questo momento è legata alla errata idea che sta circolando che, con un semplice test che misura gli anticorpi, possiamo dire ad una persona di tornare a lavorare, considerando anche che la maggior parte dei test disponibili non sono ancora validati, in questo momento non siamo in grado di dire, a fronte di questi anticorpi, se la persona è immunizzata, se può essere contagiosa e avere un tampone positivo”.
Quindi in questo momento è molto importante intraprendere un percorso che coinvolga tutti gli esperti della Tutela della Sanità Pubblica?
“Certamente. Dall’Istituto Superiore di Sanità, al,Consiglio Superiore di Sanità, dal Comitato Tecnico Scientifico agli Esperti Sanitari del Territorio che vivono in prima persona la realtà quotidiana e che ora sono altrettanto fondamentali per le scelte che verranno. Abbiamo imparato da questa esperienza che è necessario avere delle Indicazioni Nazionali chiare che tutelino tutti i cittadini e le categorie di lavoratori a partire da quelli più a rischio, partendo dal rispetto dei protocolli di sicurezza e dalla garanzia della presenza di dispositivi di sicurezza”.
Modificare questo contenimento dovrà essere un processo studiato e graduale?
“Si, e condiviso con la comunità scientifica, con le istituzioni sanitarie del territorio, con tutte le categorie interessate. Ci vuole un Piano Strategico che assicuri ai cittadini una mappatura realistica del contagio e assicuri a chiunque riprenda il lavoro di essere “negativo” e in un ambiente protetto. Credo che se vogliamo scongiurare la prosecuzione del contagio dobbiamo tracciare, in maniera specifica, le persone che per prime saranno in qualche modo indirizzate a riprendere il lavoro con analisi affidabili, quindi sarà necessario verosimilmente un tampone e anche altri test oltre ad un monitoraggio costante sulla persona e sui dispositivi di sicurezza che dovrà utilizzare. Inoltre bisognerà proteggere tutta la cittadinanza da eventuali esposizioni con un contenimento legato, anche per loro, a dispositivi di sicurezza per un periodo abbastanza lungo. Questa volta non possiamo girare le spalle e non guardare a quello che sta succedendo in Cina nel momento in cui si allentano le maglie del controllo, non possiamo permetterci di agire in ordine sparso e illuderci di poter prevedere scenari futuri produttivi con uno sguardo miope alla Salute Pubblica”.