VERSO LE RIFORME

Meloni punta tutto sul Premierato: addio all'Italia Repubblica parlamentare?

Il presidente del Consiglio è deciso a schiacciare sull'acceleratore, ma il Centrosinistra non ci sta e promette battaglia

Meloni punta tutto sul Premierato: addio all'Italia Repubblica parlamentare?
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Da una parte un "rischio", dall'altra un'occasione da cogliere: la premier Giorgia Meloni schiaccia sull'acceleratore verso il Premierato. Lo ha ribadito ieri, mercoledì 8 maggio 2024, a un convegno sul tema organizzato alla Camera.

Premierato, rischio e occasione

Perché un rischio, perché un'occasione. Meloni lo ha spiegato.

Da una parte la premier ha sottolineato la compattezza del Governo e il riscontro (specie per Fratelli d'Italia) dei consensi, ma ha anche evidenziato la necessità per il Paese di percorrere la strada delle riforme:

La premier Giorgia Meloni
La premier Giorgia Meloni

"Non ne avrei bisogno. Ma se non cogliessi questa occasione non sarei in pace con la mia coscienza. Non si è mai riusciti a fare passi in avanti e a trovare soluzioni, forse per la tendenza della politica di guardare all'interesse di parte".

E ancora:

"La Costituzione non è un moloch, intoccabile o di esclusiva appartenenza di qualcuno. A me piacerebbe la strada del dialogo, preferirei evitare di ricorrere a un referendum divisivo".

Governo, Parlamento e Capo dello Stato: i ruoli

Per il Centrosinistra il ruolo ad esempio del Presidente della Repubblica ne uscirebbe "mortificato".

Meloni, invece:

"Questa proposta assicurerà la corretta ripartizione dei ruoli sancita dalla Costituzione in virtù della quale il governo e le Camere determinano l'indirizzo politico e il Capo dello Stato esercita la funzione di garanzia, mettendo fine a sovrapposizioni che nelle nostre debolezze e difficoltà a volte hanno creato più problemi che soluzioni".

I plus della la riforma secondo il Centrodestra

Secondo il Centrodestra, la riforma che in molti hanno già battezzato come il "premierato all'italiana" garantirebbe  sicurezza della stabilità dell'Esecutivo, grazie a un Presidente del Consiglio eletto per 5 anni con elezione diretta, a suffragio universale, con turno unico (gli italiani sarebbero chiamati a votare su un'unica scheda il premier e i presidente di Camera e Senato).

Quindi un freno al trasformismo e ai cosiddetti "ribaltoni": non si potrebbero più formare maggioranze alternative, in caso di crisi di governo, si andrebbe semplicemente alle urne (a meno di trovare un nuovo assetto all'interno della medesima maggioranza).

Addio all'Italia Repubblica parlamentare

La repubblica parlamentare è una forma di governo in cui la rappresentanza della volontà popolare è affidata, tramite elezioni politiche, al parlamento, che elegge sia il governo che il presidente della repubblica.

Questa l'Italia dal 2 giugno 1946 ad oggi.

Una scelta precisa, quella di dare centralità al Parlamento e ai rappresentanti eletti territorialmente dai cittadini. Un assetto certo anche fisiologicamente più instabile, com'è stato tanto più evidente durante la cosiddetta "Prima Repubblica" (1948-1994) e soprattutto quando il sistema di voto "proporzionale" partoriva maggioranze molto più fluidamente: per fare solo un esempio, dal 1979 al 1983, durante l'ottava Legislatura, cambiarono ben sei governi in quattro anni, con quattro Presidenti del Consiglio diversi (Fanfani, Spadolini, Forlani e Cossiga).

Ma un assetto anche più centrato sulla responsabilità dei parlamentari, che hanno un maggior margine di esercitare la fiducia data dagli elettori: se ritengono che la compagine con la quale sono stati eletti non è più in sintonia con le loro posizioni, forti di quella fiducia personale possono comunque cambiare. Allo stesso modo anche i gruppi parlamentari possono cambiare e decidere di cambiare la loro posizione alla luce di un quadro politico mutato. Insomma, un assetto sicuramente meno stabile, ma maggiormente garantista rispetto al rischio di maggioranze e premier volti a imporre la loro linea.

E il Presidente della Repubblica?

E' di fatto la domanda più gettonata. Ma dal Centrodestra continuano a ribadire che con il Premierato non ci sarebbe alcuna "rivoluzione" e che soprattutto il ruolo del Capo dello Stato non verrebbe né ridimensionato né tantomeno "mortificato".

Il Presidente della Repubblica provvederebbe alla nomina del Presidente del Consiglio e dei ministri (su indicazione del Premier). Potrà sciogliere le Camere, specie se il Governo "andrà sotto" riguardo la fiducia da parte del Parlamento.

Nel caso in cui il Premier cessi dalla carica il Presidente potrà ridargli l'incarico oppure potrà farlo a un parlamentare in liste collegate al primo ministro.

Il Capo dello Stato, secondo quanto prevederebbe la riforma, non potrà più nominare senatori a vita.

Il fronte del sì: fine di ribaltoni e trasformismo

Come detto, Fratelli d'Italia sembra voler tirare dritto, anzi accelerare, e la calendarizzazione della riforma al Senato è stata accolta con soddisfazione da Andrea De Priamo, membro della Commissione Affari Costituzionali del Senato.

Andrea De Priamo, senatore di Fratelli d'Italia
Andrea De Priamo, senatore di Fratelli d'Italia

" Oltre a rendere più efficiente l’ordinamento dello Stato e l’organizzazione del Governo, questa riforma intende riportare i cittadini al centro della politica, prevedendo un sistema di elezione diretta del Premier che, di fatto, sancisce un patto di rappresentanza tra cittadini e Capo del Governo, mantenendo inalterato l’equilibrio tra poteri dello Stato e senza intaccare il ruolo primario del Parlamento. Ammodernando le istituzioni vogliamo renderle più vicine ai cittadini, più efficaci e vogliamo che i programmi di Governo diventino un reale impegno verso gli elettori".

Del resto, tra gli ex An il sentimento comune è che la riforma non altererà gli equilibri dello Stato e porrà fine a ribaltoni e trasformismo.

Il fronte del no, Schlein: "Passerete sui nostri corpi"

Ma naturalmente il fronte di chi boccia la riforma non ci sta.

Il segretario del Pd Elly Schlein
Il segretario del Pd Elly Schlein

Abbastanza eloquente il commento del segretario nazionale del Partito democratico Elly Schlein:

"Faremo scudo coi nostri corpi e il 2 giugno, festa della Repubblica, andremo in piazza. Faremo opposizione con tutte le nostre forze contro questa riforma pericolosa in Parlamento con le nostri voci ".

E ha aggiunto, entrando ancor più nella sostanza:

"Il premierato non esiste in alcun Paese al mondo, una riforma di questo tipo scardina l'equilibrio dei poteri previsto dalla Costituzione a garanzia dei cittadini e della democrazia. Con questa riforma è il capo del Governo che decide della vita del Parlamento".

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