Pranzo da Meloni post Abruzzo con tutto il Governo: Tajani ride, Salvini meno (mentre il Campo larghissimo già scricchiola)
Dopo la riconferma di Marco Marsilio i partiti fanno il punto. C'è fermento in casa leghista dove Salvini ora è davvero accerchiato
Qualcuno l'ha già definito il "patto delle tagliatelle alla teramana". Come nella tradizione più consolidata, molti importanti confronti della nostra politica si consumano a tavola.
E così ieri, lunedì 11 marzo 2024, dopo il sospiro di sollievo per l'esito del voto delle Regionali in Abruzzo, il Centrodestra si è riunito a tavola da Giorgia Meloni.
Che abbiano mangiato davvero tagliatelle alla teramana non è dato sapere, ma da quello che ufficialmente è stato un pranzo di lavoro la coalizione di maggioranza sembra aver (ri)messo le basi per pianificare i prossimi appuntamenti elettorali (escluse le Europee dove ognuno farà corsa a sé) e le azioni di Governo.
Il pranzo da Giorgia, chi ride e chi fa finta di sorridere
Ecco allora che preso atto dell'affermazione di Marco Marsilio (confermato alla guida dell'Abruzzo), i leader del Centrodestra ieri a pranzo si sono incontrati prima del Consiglio dei ministri.
Seduti a tavola, oltre alla premier e leader di Fratelli d'Italia c'erano dunque i due vicepremier Matteo Salvini (Lega) e Antonio Tajani (Forza Italia), e il capo politico di Noi moderati, Maurizio Lupi.
Ma a favorire l'appuntamento conviviale non è stato solo l'esito delle urne in Abruzzo. Come hanno fatto notare le persone più vicine all'entourage dei quattro leader, anche dopo il voto in Sardegna (in quel caso il Centrodestra aveva subito un'inaspettata sconfitta alle Regionali) c'era stato un analogo vertice anche allora messo in agenda come "pranzo di lavoro".
Una cosa però è certa, se dopo il voto sull'isola erano volati gli stracci e un po' tutti (tranne parzialmente FI) si erano leccati le ferite, questa volta qualcuno ha riso e mangiato con gusto, mentre altri hanno masticato un po' amaro e hanno sorriso per circostanza.
L'analisi del voto e il patto delle "tagliatelle alla teramana"
Ad esempio Matteo Salvini che cinque anni fa proprio in Abruzzo aveva visto l'esaltazione forse più clamorosa del voto leghista fuori dai confini del Nord Italia (al 27%) e che invece domenica scorsa si è dovuto accontentare di poco più del 7% (7,4%) subendo il sorpasso e quasi il doppiaggio di Forza Italia, assestata oltre al 13 per cento dei consensi.
Insieme al segretario Tajani sorridono poi evidentemente anche la stessa Meloni (FdI al 24%) e Lupi (2,68%).
Un esito delle urne che rinsalda dunque la posizione del partito guida della coalizione e legittima la crescita e le ambizioni dei centristi e dei moderati, mentre per la Lega (e Salvini) rischia di aprire seriamente un dibattito interno con sullo sfondo due questioni delicatissime: la rivendicazione del candidato governatore in Veneto e la rinnovata messa in discussione dello stesso Salvini alla guida del partito.
I commenti: Meloni, Salvini, Tajani
Ognuno dunque sarà impegnato a guardare in casa propria e a studiare le migliori strategie, ma intanto dal voto in Abruzzo, i leader del Centrodestra hanno comunque trovato lo spunto per ripartire e ridare solidità alla tenuta del Governo dopo l'inaspettato colpaccio del "campo largo" in Sardegna e lo "spauracchio" del "campo larghissimo" alle Regionali di domenica 10 marzo.
Ecco allora che Giorgia Meloni ha commentato rinsaldando le fila degli alleati:
"La vittoria di Marco Marsilio dimostra che è più importante un campo coeso di un campo larghissimo. E, ancora più importante è non sedersi sugli allori...".
Più chiaro di così.
Un messaggio che è stato subito recepito nella maniera più pragmatica dalla Lega e da Matteo Salvini (ma anche dal capogruppo al Senato Massimiliano Romeo) che ha cercato di vedere (e proporre alla stampa) il bicchiere mezzo pieno:
"Siamo andati, in linea con gli ultimi sondaggi. Abbiamo superato il Movimento 5 Stelle. Ora avanti con l'azione di buon governo per cinque anni".
Decisamente entusiasta invece Antonio Tajani nel commentare la rinnovata vitalità di Forza Italia:
"Quella in Abruzzo è una grande vittoria che dedichiamo al Presidente Berlusconi. Il successo di Forza Italia conferma la nostra centralità: raggiungiamo il 13,44%, aumentando il consenso del 2,5% rispetto al voto delle politiche. Un voto che premia la nostra credibilità e responsabilità. Continuiamo a crescere difendendo i valori del popolarismo europeo. Non facciamo la gara contro nessuno, ma lavoriamo per una proposta politica seria e credibile nella convinzione che tra Meloni e Schlein ci sia una prateria per raccogliere consenso".
Gli scenari possibili (dopo i commenti di circostanza)
Dietro i commenti di circostanza ci sono però scenari in evidente fibrillazione.
Nella scorse settimane proprio FI aveva incassato il via libera per la riconferma delle candidature di Bardi in Basilicata e Cirio in Piemonte (la Lega di Tesei in Umbria), mentre sul Veneto la questione rischia di essere infuocata.
E mentre FdI punta a non disperdere nemmeno un voto da qui a giugno e Forza Italia punta al 10% alle Europee, la Lega ribolle.
Perché come detto, dietro ai commenti di circostanza, la situazione in casa leghista è incandescente.
Tanto che per calmare i venti di ribellione, da più di qualcuno viene avanzata l'ipotesi di un "rimpasto interno" dove le posizioni messe in discussione sarebbero quelle del presidente della Camera Fontana e del fedelissimo di Matteo Salvini, Andrea Crippa, attualmente vicesegretario del partito.
Fermento leghista: Calderoli, il triumvirato, cosa accadrà?
Del fermento fomentato quotidianamente dall'ex segretario della Lega Padana Paolo Grimoldi ora promotore del Comitato Nord abbiamo già parlato, ma in tanti ora lamentano che il tempo stia davvero per scadere.
Ecco allora che già per le Europee qualcuno (il governatore del Veneto Zaia ad esempio) abbia chiesto di togliere la dicitura "Salvini premier", mentre altri spingono per la convocazione del congresso regionale in Lombardia dove potrebbero darsi battaglia Massimiliano Romeo (bossiano nelle sue origini politiche) e Fabrizio Cecchetti (attuale commissario e fedelissimo di Salvini).
Ma c'è uno scenario ancor più clamoroso che vedrebbe una traghettatura di Roberto Calderoli alla guida del partito o addirittura l'istituzione di un triumvirato coordinato dai tre governatori del Nord, Zaia (Veneto), Fedriga (Friuli) e Attilio Fontana (Lombardia).
E gli altri? Già finito il Campo larghissimo?
Nel frattempo, in casa Centrosinistra potrebbe essere già finita l'esperienza del "campo larghissimo" visto in Abruzzo.
Le novità più clamorose arrivano da Italia Viva e Azione. Entrambi i partiti dopo la Sardegna avevano annunciato che non avrebbero mai più corso da soli.
Era arrivato allora in Abruzzo il sostegno al candidato di Pd e M5S per quello che appunto è stato definito "campo larghissimo".
Nelle scorse ore però Matteo Renzi ha fatto sapere che potrebbe appoggiare Vito Bardi in Basilicata.
Più o meno lo stesso ragionamento di Carlo Calenda che qualcuno sta dando in clamoroso riavvicinamento a Giorgia Meloni.
Calenda ha commentato:
"Nel voto locale siamo obbligati ad allearci. Bardi e Cirio nulla è ancora deciso".
L'ammissione di Delrio: "Serve un progetto"
Intanto a Radio24 questa mattina, martedì 12 marzo, è arrivata l'ammissione dell'ex ministro alle Infrastrutture, Graziano Delrio:
"Nel Centrodestra c'è un travaso di voti fluido tra i partiti, ma gli elettori restano in quel contenitore perché vedono un programma, un progetto. L'asse di Centrosinistra al momento non ce l'ha, c'è da lavorare ancora molto".