Prima fase pandemia

Più vulnerabili le donne: in lockdown ansia e depressione peggiorate, +40%

Uno studio effettuato da un consorzio di ricercatori di Università di Pavia, Università di Genova, ISS e Istituto Mario Negri.

Più vulnerabili le donne: in lockdown ansia e depressione peggiorate, +40%
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Durante il lockdown, ansia e depressione sono peggiorate in oltre il 40% degli Italiani. Pubblicati sul Journal of Affective Disorders, di dati di un consorzio di ricercatori di ISS, Università di Genova e Pavia e Istituto Mario Negri, Sono i risultati del primo studio rappresentativo della popolazione italiana adulta.

Durante il lockdown, ansia e depressione peggiorate del 40%

Oltre il 40% degli italiani ha riportato un peggioramento dei sintomi ansiosi e depressivi durante il lockdown nazionale dello scorso anno, con una riduzione della qualità di vita in più del 60% dei soggetti e ripercussioni sul ritmo sonno-veglia in più del 30%. E’ quanto emerge dal primo studio condotto in Italia su un campione rappresentativo della popolazione adulta e, come riporta Prima Pavia, pubblicato in questi giorni sulla rivista Journal of Affective Disorders.

Lavoro multidisciplinare

Lo studio è frutto del lavoro di un consorzio multidisciplinare che coinvolge psichiatri, esperti di sanità pubblica e biostatistici dell’Istituto Superiore di Sanità, delle Università di Genova e di Pavia, e dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri.

“Le nostre analisi si basano su un campione rappresentativo di oltre 6000 soggetti che stiamo seguendo nel tempo” – specifica la Professoressa Anna Odone, docente di Igiene e Sanità Pubblica e referente del consorzio per l’Ateneo Pavese – “questo studio, così come gli altri già pubblicati dal consorzio Lockdown and lifeSTyles IN ITALY (Lost in Italy) e quelli cui lavoreremo nei prossimi mesi che ci permettono di analizzare come gli stili di vita e la salute mentale degli italiani si siano modificate e si stiano modificando nel tempo, a seguito delle restrizioni imposte per il controllo della pandemia da COVID-19”.

“Siamo molto soddisfatti di partecipare a questo progetto”, commenta Roberta Pacifici dell’Istituto Superiore di Sanità, “le analisi già condotte hanno misurato come la distribuzione di alcuni fattori di rischio comportamentali quali fumo, consumo di alcol, alimentazione, attività fisica gioco d’azzardo e altre dipendenze sia stata influenzata dal contesto emergenziale che abbiamo vissuto e di come sia fondamentale intervenire con azioni mirate di prevenzione primaria”.

I risultati

L’utilizzo di psicofarmaci – prevalentemente ansiolitici – è aumentato del 20% rispetto al periodo pre-lockdown e tutti gli indicatori di salute mentale sono peggiorati, con precise correlazioni con variabili comportamentali e stili di vita quali fumo e pratica di attività fisica.

Più vulnerabili, le donne: circa la metà delle donne italiane ha riportato un peggioramento del benessere psichico con un rischio di peggioramento dei sintomi depressivi e di alterazione della qualità del sonno, rispettivamente del 32% e 63% maggiore rispetto agli uomini.

Asimmetria tra uomini e donne

L’Italia è caratterizzata da una forte asimmetria tra uomini e donne nel lavoro domestico e lavoro di cura. Secondo i dati dell’indagine IPSOS, le madri risultano sempre le caregiver primarie per i figli, sia in età prescolare che scolare. La cura dei figli fino ai 5 anni di età spetta principalmente alle madri. 

La crisi sanitaria scatenata dal Covid si è rapidamente trasformata in una crisi di posti di lavoro, soprattutto nel settore dei servizi, dove lavora la stragrande maggioranza delle donne italiane. Inoltre, secondo l’ISTAT, più di quattro milioni di italiane e di italiani hanno lavorato da casa in smart working.

Se lavorare da casa potrebbe rappresentare un vantaggio per le donne in tempi di normalità, durante la pandemia non è stato così. Grazie anche a una chiusura delle scuole tra le più lunghe in Europa, le donne italiane hanno dovuto sobbarcarsi un carico straordinario di lavoro domestico e di cura: secondo uno studio di Del Boca et al. (2020), più di due donne lavoratrici su tre hanno dichiarato di aver dedicato più tempo al lavoro domestico e di cura durante la pandemia.

Il contesto appare ancora più grave se si considera l’aumento di telefonate al numero di pubblica utilità contro la violenza e lo stalking 1522: secondo l’ISTAT, nel 2020 le chiamate sono aumentate del 79,5% rispetto al 2019. Considerando il periodo da marzo a giugno 2020, le chiamate al 1522 sono state più del doppio rispetto al 2019: quella della violenza di genere è la pandemia ombra, l’altro lato della recessione al femminile.

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