Licenziato per una bestemmia, i sindacati chiedono "l'intercessione" all'arcivescovo
Il dipendente ha impugnato il provvedimento davanti al giudice del Lavoro, ma i sindacati intanto proseguono con la mobilitazione
Il 4 e il 5 dicembre 2023, davanti ai cancelli dell’azienda bolognese Covisian, che gestisce in appalto il call-center di Hera, i colleghi del signor Franco sono in sciopero. Il motivo? Il licenziamento in tronco da parte dell’azienda del 55enne che, in un momento di rabbia a causa di alcuni malfunzionamenti del sistema informatico, ha bestemmiato sul luogo di lavoro.
Il dipendente ha impugnato il provvedimento davanti al giudice del Lavoro, ma i sindacati intanto proseguono con la mobilitazione:
"Se non lo ritirano - spiega Gianluca Barletta di Slc Cgil - andremo avanti con tutte le iniziative. Abbiamo cercato di coinvolgere il sindaco o un suo delegato. E se volesse venire il cardinal Zuppi al presidio, a testimoniare la sua solidarietà, saremmo contenti".
Licenziato per un bestemmia: i sindacati si appellano a Zuppi
Per ora Covisian "non si è fatta sentire" e lo sciopero ha avuto "un'adesione pressoché totale, anche con chi storicamente non aveva mai scioperato, ma si è sentito toccato da quanto successo a un collega: è venuto anche il segretario della Camera del lavoro Michele Bulgarelli, rsu di Hera, di aziende concorrenti di altri appalti e abbiamo cercato di sollecitare anche il committente", cioè Hera.
Dalla contestazione disciplinare emerge infatti "che la committenza ha chiesto un confronto immediato con i responsabili operativi perché il referente Hera si è detto molto turbato dall'accaduto". Per il licenziamento, sottolineano i sindacati, "è stato utilizzato un articolo previsto per condotte molto più gravi".
Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil parlano di provvedimento “inconcepibile”, anche perché si rifarebbe come quadro giuridico di riferimento, ad una “norma penale risalente al 1930, quasi cent'anni fa”, in pieno “oscurantismo”.
Le parole del lavoratore
Il lavoratore ha raccontato di essersi immediatamente scusato ma, si chiede, a 55 anni come sarà possibile ricollocarsi professionalmente:
“Io non sono un ragazzino che bestemmia, sono una persona seria, non ho imprecato contro nessuno. Non hanno sentito ragioni e mi hanno detto che è una cosa che non possono far passare. In azienda si sta creando un clima di terrore. Io non sono tutelato dall’articolo 18 e questo fa il gioco dell’azienda. Io ho impugnato il licenziamento, perché credo che sia illegittimo: può succedere di perdere la pazienza, ma non si può non avere neanche un minimo di possibilità di rimediare. A loro non interessa capire con chi hanno a che fare, sono una multinazionale e per loro siamo numeri“.
Chissà se l'arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, Matteo Maria Zuppi, raccoglierà l’appello dei sindacati concedendo, per primo, il perdono al lavoratore: sarebbe un segnale di apertura decisamente incisivo e difficile da sottovalutare per l’azienda...