SUBITO UNA PATTUGLIA

Dopo gli errori nell'indagine Cecchettin, i Carabinieri cambiano la procedura antiviolenza

Una circolare del Comando generale sollecita un immediato intervento in caso di segnalazioni di aggressioni o minacce

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Dopo gli errori nell'indagine Checchettin, i Carabinieri cambiano la procedura antiviolenza
Giulia Cecchettin

Non accadrà mai più che una segnalazione sul tema violenza sulle donne venga ignorata. L'impegno dell'Arma dei Carabinieri è chiaro: con una circolare ad hoc diramata a tutte le compagnie e a tutte le stazioni locali, il Comando generale sollecita un immediato intervento in caso di segnalazioni di aggressioni o anche solo semplici minacce.

Il tutto nel solco della vicenda della povera Giulia Cecchettin, che da iniziale psicodramma collettivo, sta fattivamente cambiando radicalmente - per fortuna - le cose sul fronte dei femminicidi e dei reati di genere. Anche il papà della ragazza veneta uccisa dall'ex Filippo Turetta lo ha sottolineato, dopo anche le migliaia di manifestazioni che dalle Alpi alla Sicilia hanno invaso le piazze nelle ultime settimane:

"Giulia non è morta invano".

E la speranza è che possa davvero essere così.

Giulia Cecchettin

I Carabinieri cambiano la procedura antiviolenza

In caso di segnalazioni di "episodi di maltrattamenti, violenze e atti persecutori nei confronti di vittime vulnerabili", si legge in una nota con data 29 novembre 2023, firmata dal generale Arturo Guarino, capo del secondo reparto del comando generale dell'Arma, è fondamentale "un'accurata e tempestiva gestione degli interventi": ogni segnalazione deve essere "gestita, fin dal primo momento, con la massima attenzione, con adeguata sensibilità e nella piena osservanza delle procedure stabilite".

Tutti gli errori nell'indagine Cecchettin

Anche se, per la cronaca, riguardo alla fine della giovane originaria del Padovano e residente nel Veneziano, se errore c'è stato, purtroppo probabilmente sarebbe stato comunque arduo riuscire a salvarle la vita, soprattutto per una questione di tempi di reazione.

Quella sera di sabato 12 novembre 2023 alle 23.18, infatti, un residente della stessa via in cui abita la famiglia Cecchettin a Vigonovo (Venezia) chiama il 112 e dice d'aver visto nel parcheggio davanti a casa un uomo che aggrediva una donna e che la minacciava. Non solo, ha scorto poi un corpo a terra preso a calci e in seguito caricato su un'auto scura poco dopo allontanatasi velocemente. Il dettaglio più importante è che il vicino di casa dei Cecchettin ha anche riferito il modello della macchina, una Fiat Punto scura.

Giulia Cecchettin e Filippo Turetta

Turetta ci mette poco a coprire i 6 chilometri fino alla vicina zona industriale di Fossò, dove poi accoltella Giulia sotto l'occhio delle telecamere di una ditta privata: sono le 23.40 a quel punto. Anche se la chiamata al 112 non fosse stata ignorata (i militari della locale stazione hanno spiegato che la pattuglia in servizio era già impegnata in un altro intervento) è ben difficile che in soli 22 minuti la gazzella dei Carabinieri sarebbe riuscita a individuare l'ago rappresentato dalla Punto nera nel pagliaio di una zona comunque vastissima.

Piuttosto l'errore più pesante commesso nell'indagine seguita a quella maledetta sera è stato un altro: per ben sette lunghi giorni (Giulia è scomparsa di sabato sera, il filmato dell'aggressione fatale a Fossò è stato reso pubblico il venerdì dopo) la vicenda sia stata veicolata come un "semplice" caso di scomparsa. Una paradosso, con tanto di appelli delle famiglie per giorni a suon di "Tornate a casa", quando in realtà tutto si era già consumato.

Giulia Cecchettin e Filippo Turetta

E non si può non parlare di errore, perché la telefonata del vicino e la segnalazione della prima aggressione nel parcheggio a 100 metri da casa di Giulia doveva essere subito messa in correlazione: il testimone ha pure descritto una Fiat Punto scura.

E un conto è la macchina d'intervento che si può mettere in campo nel caso di una persona scomparsa, altro per quello che a tutti gli effetti poteva subito essere registrato per quello che era: un sequestro di persona.

Un errore per giunta reiterato anche nei giorni a seguire: quando due giorni dopo aver chiamato il 112 il vicino s'è reso conto che la sua telefonata era stata ignorata, ha preso, coperto a piedi i 100 metri fino a casa Cecchettin e ha raccontato a papà Gino quello che aveva visto. Probabilmente è lì che il babbo e la sorella Elena hanno capito tutto, ben prima del famoso filmato delle telecamere dell'azienda di Fossò, che non ha lasciato più scampo a dubbi.

L'appello di ricerca per la Fiat Punto

La scoperta fortuita del cadavere è avvenuta il giorno dopo, il sabato dopo la scomparsa, per via dell'eccezionale fiuto di un cane - Jageer - della protezione civile (altrimenti saremmo probabilmente qui ancora adesso appesi ai silenzi di Turetta, così come su telefono, borsa e pc della ragazza che ancora non si sa dove siano finiti), così come è avvenuto nella stessa serata il fermo dell'assassino da parte della Polizia tedesca.

Affinché rimanga a perpetuo monito, ripubblichiamo anche gli audio di Giulia alle amiche resi noti per primi dalla trasmissione Chi l'ha visto.

 

Giulia in realtà aveva capito tutto già 38 giorni prima della sua morte:

“Vi devo chiedere un consiglio sulla mia istituzione. So che sono un disco rotto perché il problema è sempre lo stesso, però sono arrivata al punto in cui non ce la faccio più a stare dietro a Pippo, non lo sopporto più. Cioè vorrei veramente che lui almeno per un periodo sparisse perché perché ho l'impulso comunque di scrivergli, perché per me è abitudine, però vorrei che sparisse. Solo che questa cosa ovviamente a lui non lo posso scrivere perché credo che darebbe di matto”.

Purtroppo è stato il suo gran cuore, la sua bontà d'anima, il suo punto debole:

“Vorrei non avere più contatti con lui, però allo stesso tempo lui mi viene a dire cose del tipo che è super depresso, che ha smesso di mangiare e passa le giornate a guardare il soffitto, che pensa solo ad ammazzarsi… Vorrei sparire dalla sua vita, ma non so come farlo, perché mi sento in colpa, perché ho troppa paura che possa farsi male in qualche modo”.

daniele.pirola@netweek.it

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