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Lavoro e benessere interiore, qual è il leader perfetto per i dipendenti?

Gli italiani sono sempre più stressati e le dimissioni volontarie crescono: ecco le caratteristiche ideali di una datore di lavoro

Lavoro e benessere interiore, qual è il leader perfetto per i dipendenti?
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Lavoro e benessere interiore sono più che mai due facce della stessa medaglia. L’Oms definisce infatti il benessere mentale come lo stato nel quale l’individuo “è in grado di sfruttare le sue capacità; di far fronte al normale stress quotidiano; di svolgere la propria attività lavorativa in maniera produttiva; ed è in grado di fornire un contributo alla propria comunità”. Dall’Italia, però, provengono dati poco confortanti al riguardo. Gli italiani sono sempre più stressati: secondo l’indagine di Axa–Ipsos sui temi del benessere e della salute mentale, il 56% degli italiani soffre di stress, l’8% in più rispetto al 2022. Mentre il Ministero del Lavoro ha registrato 2 milioni e 200 mila dimissioni volontarie nel 2022, +13,8% rispetto all’anno precedente.

L’equilibrio fra lavoro e benessere interiore

Le cause di questo fenomeno, che non accenna a fermarsi, sono collegate alla volontà di evitare il burnout, lo stress lavorativo e più in generale sono riconducibili all’assenza di una leadership aziendale sana che sappia coniugare le esigenze personali del lavoratore con gli obiettivi aziendali. La leadership quindi è cruciale per garantire benessere, produttività e frenare le dimissioni volontarie. Ma quali sono le caratteristiche di un leader che abbia a cuore il well being aziendale? Secondo Roberto Castaldo, Performance Management Specialist e fondatore della società 4 M.A.N. Consulting, “tutto passa attraverso un interesse sincero verso le persone, con il riconoscimento di caratteristiche, bisogni e aspettative di ognuno. Compito molto complesso se il leader non ha una corretta formazione in termini di people management e soft skills. Oggi non può più prescindere dall’avere competenze in termini di numeri, persone e processi”.

I punti strategici su cui serve fare attenzione

Più nel dettaglio, Castaldo indica i punti strategici cui ogni datore di lavoro deve prestare la massima attenzione per favorire l'equilibrio fra lavoro e benessere interiore.

  • Empatizzare e comprendere le persone del team: “per prima cosa si deve abbandonare la propria autoreferenzialità, comprendendo che il proprio punto di vista è solo uno dei tanti possibili, ma non l’unico. Utilizzare al meglio il protocollo HPP (Human Performance Protocol) che prevede l’applicazione di 3 principi: Gentilezza, Generosità e Abbondanza”.
  • Rivolgersi ai dipendenti con educazione e guidarli dando il buon esempio: “un buon leader risulta credibile e quindi rispettato se è coerente tra ciò che comunica alla forza lavoro e ciò che mette in pratica con le sue  azioni”.
  • Essere parte del gruppo e non solo una guida per il team: “permette di ridurre le distanze e creare più coinvolgimento e partecipazione”.

Dai feedback alla formazione continua

  • Dare e ricevere feedback con costanza: “è il modo migliore per orientare i comportamenti delle persone, affinché abbiano sempre chiaro come agire e non si sentano abbandonate a loro stesse”.
  • Considerare il dipendente come un cliente: “in questo modo diventa un automatismo cercare di comprenderne i processi decisionali, i bisogni e le paure, oltre a strutturare l’ambiente di lavoro in modo che sia da stimolo per la produttività. Ci sono diversi strumenti che possono essere impiegati: analisi del clima, strumenti di feedback, sistemi incentivanti e welfare. Ma la vera differenza sta nell’usare un work flow management che parta dal recruiting e segua un protocollo di lavoro molto orientato alle persone”.
  • La formazione continua come leva per la retemption in azienda e l’engagement: “oggi le persone chiedono di essere sempre aggiornate, di avere nuovi stimoli e quindi opportunità di crescita professionale”.

Capitolo produttività

  • La produttività passa attraverso misurazioni oggettive quali/quantitative. “Le prime rilevano tempo/quantità di output prodotti, mentre le seconde analizzano la partecipazione emotiva, la creatività e l’innovazione. Spesso si commette l’errore di applicare il “principio di Peter” alle crescite verticali, promuovendo un dipendente per i buoni risultati ottenuti, senza tenere conto né delle sue capacità, competenze ed esperienze pregresse, né se siano adatte alla nuova posizione che dovrà ricoprire. Esistono in alternativa strumenti più idonei di “allargamento” delle competenze, in termini orizzontali, che portano le persone a sentirsi parte integrante del contesto. La motivazione si basa sul sentirsi utili, il bravo leader sa che se qualcuno nel team non è produttivo può intervenire per comprendere cosa sa fare bene e partire da quello per costruire un sistema organizzativo “bottom up” invece che “top down”, come avveniva nel dopoguerra” conclude l’esperto, Roberto Castaldo.
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