"Epistolae ad Lucilium" di Seneca: testo e traduzione della prova di latino al Classico per la Maturità 2023
Il brano scelto è "Chi è saggio non segue il volgo" tratto dalle Lettere a Lucilio
La seconda prova di Maturità 2023 per gli studenti del liceo classico è il latino. E il Ministero dell'Istruzione ha deciso di proporre traduzione e analisi di un testo di Seneca, tratto dalle "Epistolae ad Lucilium". Vediamo insieme testo, traduzione e temi.
Versione di latino Maturità classico: "Chi è saggio non segue il volgo" di Seneca, il testo
La traccia scelta è il brano "Chi è saggio non segue il volgo", tratto dalle "Epistolae". Seneca era stato proposto per l'ultima volta nel 2017, sempre con un brano delle Lettere a Lucilio. Con questa selezione diventa - al pari di Cicerone - l'autore più proposto con 16 apparizioni.
"Chi è saggio non segue il volgo" di Seneca: traduzione
Di seguito la traduzione
La solitudine non è di per sé maestra di onestà o la campagna di frugalità; però, quando se ne sono andati testimoni e spettatori, cessano i vizi, che si beano di essere ostentati e osservati. Chi indossa vesti di porpora per non esibirle? Chi mette le vivande in stoviglie d’oro solo per se stesso? Davvero uno dispiega lo sfarzo del suo lusso, sdraiato in solitudine, all’ombra di un albero nei campi? Nessuno sfoggia per il piacere dei suoi occhi o di poca gente o degli amici, ma sciorina l’apparato dei suoi vizi secondo la folla che lo guarda. È proprio così: la spinta verso tutto quello per cui diamo segni di follia è la presenza di un ammiratore e di un testimone. Spegni il desiderio, se togli la possibilità di ostentazione. L’ambizione, lo sfarzo, la sfrenatezza, hanno bisogno della ribalta: se li tieni nascosti, ne guarirai. E così, se ci troviamo in mezzo allo strepito delle città, ci stia a fianco uno che ci consigli, e alla lode di ingenti patrimoni opponga la lode di chi è ricco con poco e misura le ricchezze dall’uso che se ne fa. Contro coloro che esaltano il favore della massa e il potere, lui sottolinei con ammirazione l’esistenza ritirata dedita agli studi e l’anima che si ripiega su se stessa. Dimostri che quegli uomini giudicati dalla massa felici stanno, invece, tremanti e sbigottiti in quella loro posizione invidiata e di sé hanno un’opinione ben diversa da quella degli altri; quelle che per gli altri sono cime elevate, per loro sono precipizi. E così si scoraggiano e tremano ogni volta che spingono lo sguardo nell’abisso della loro grandezza: della loro grandezza: pensano alla possibilità di cadute tanto più pericolose quanto più uno sta in alto. Allora hanno paura di quello che desideravano e la prosperità che li rende insopportabili agli altri, pesa su loro ancora più insopportabile. Allora elogiano la vita calma e indipendente, detestano il loro splendore e cercano di fuggire quando la situazione è ancora stabile. Allora li vedi darsi alla filosofia per paura, ragionare saggiamente spinti dal timore della mala sorte. Come se la buona fortuna e il ben ragionare fossero agli antipodi, noi abbiamo più buon senso quando le cose vanno male: quando vanno a gonfie vele, ci tolgono la capacità d’intendere. Stammi bene.
Le "Epistole ad Lucilium" di Seneca
Le Epistulae morales ad Lucilium ("Lettere morali a Lucilio") sono una raccolta di 124 lettere suddivise in 20 libri, scritte da Lucio Anneo Seneca negli ultimi mesi di vita. L'opera venne messa a punto negli anni del disimpegno politico del filosofo, tra il 62 e il 65 d.C., ed è giunta ai posteri parzialmente incompleta.
Il destinatario delle missive è Lucilio Iuniore, governatore della Sicilia oltreché poeta e scrittore. È tuttora incerto se si tratti di lettere effettivamente spedite oppure di una mera finzione letteraria. È comunque assai probabile che sia un epistolario reale, dato che in varie lettere Seneca sollecita una risposta da parte dell'amico.
Le lettere esordiscono quasi sempre con un'osservazione relativa a un argomento di vita quotidiana, procedendo verso un principio filosofico estratto dalla stessa. Molti dei temi trattati nell'opera costituiscono cardini della filosofia stoica, tra cui il disprezzo della morte, l'imperturbabilità d'animo del saggio e la virtù come bene supremo.