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Trasfusioni sicure, da oltre 25 anni nessuno contagio di HIV

L’ultimo caso di infezione durante questa pratica risale al 1995

Trasfusioni sicure, da oltre 25 anni nessuno contagio di HIV
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Trasfusioni sicure, da oltre 25 anni nessuno contagio di HIV. La trasfusione di sangue è un procedimento sicuro e da oltre 25 anni non fa più registrare casi di infezione da HIV. Lo confermano i dati del 2020 diffusi in occasione della Giornata Mondiale contro l’AIDS 2021. Come riportato dal Centro Nazionale Sangue nel rapporto “Italian Blood System 2020” infatti non si sono registrati casi da infezioni da HIV nelle oltre 2,8 milioni di trasfusioni registrate nell’anno passato. Dato che trova conferma anche nei primi mesi dell’anno da poco conclusosi.

Le trasfusioni sono sicure

L’ultimo caso di HIV trasmesso tramite una trasfusione risale al 1995. Da allora, grazie all’introduzione di Test NAT sempre più precisi, che hanno permesso di ridurre il cosiddetto “periodo finestra”, e al sistema basato su un questionario pre-donazione che mette in luce eventuali comportamenti a rischio, la possibilità di contrarre l’HIV tramite una trasfusione si è ridotta. Arrivando ad una probabilità che, in ambito scientifico, viene considerata trascurabile. Secondo uno studio realizzato dall’Istituto Superiore di Sanità e dal Dipartimento di Scienze Biomediche per la salute dell’Università degli Studi di Milano nel 2019 il rischio residuo di contrarre l’HIV da una trasfusione è passato, nel decennio 2009/2018, da 1 una unità su 1,2 milioni a 1 unità su 45 milioni. Ipotesi quindi molto più remota che quella, per fare un esempio, che cada un aereo.

Va detto grazie a test NAT

I test NAT, a cui sono sottoposte tutte le sacche di sangue raccolto, hanno permesso l’anno scorso di individuare 64 positività al virus dell’HIV nella popolazione dei donatori. Con una prevalenza di 9 casi su 100.000 per i donatori alla prima donazione. E con un’incidenza di 1,9 casi su 100.000 per i donatori abituali. La questione dell’informazione sui comportamenti a rischio resta un tasto dolente. Sul 55% dei casi riportati, per i quali è stato possibile individuare l’esposizione a un fattore di rischio, la maggior parte ha negato o ha ammesso di non sapere che tale comportamento rappresentasse un rischio.

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